Il Fiume Topino
( di Sandra Remoli)
Il fiume (quarto in Umbria per portata), come molti già sapranno, nasce dal Monte Pennino (m 1.571) a Bagnara ,nei pressi di Nocera Umbra, è lungo 77 Km, con una portata media di 10 m³/s ed ha vari affluenti( Menotre, Caldognola, Teverone, Ose, Maroggia, Clitunno ).
Attraversate Nocera Umbra, Valtopina, Foligno, Bevagna, Cannara e Bettona, sfocia nel Chiascio in località Passaggio di Bettona, e quindi nel Tevere.
A causa delle inondazioni, nel XIX secolo, l’ingegnere folignate Antonio Rutili si occupò della sua regimentazione.
Secondo alcuni studiosi, nell'antichità era conosciuto prima con il nome umbro di Supunna (da cui il nome della divinità umbra Supunna), poi con quello latino di Tinia ed è già citato come “Topino”da Dante Alighieri nel Canto XI del Paradiso:
Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d’alto monte pende, 45
onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo. 48
Parafrasando questi versi, possiamo dire che Dante ci offre una descrizione geografica , per bocca di San Tommaso, spiegando che Fra il fiume Topino e il Chiascio, che scorre dal colle dove il beato Ubaldo pose il suo eremo, digrada la fertile costiera di un alto monte (il Subasio), dal quale Perugia sente il freddo e il caldo dal lato di Porta Sole; e dalla parte opposta piangono, perché in posizione più svantaggiosa, Nocera Umbra e Gualdo Tadino.
Il Topino è quindi menzionato solo per introdurre l’area dell’Umbria in cui si trova Assisi, città natale di San Francesco. Il canto è infatti a questi dedicato:Tommaso spiega che la Provvidenza, che governa il mondo con l'infinita saggezza di Dio, al fine di rendere più salda e sicura la Chiesa, dispose la nascita di due principi che la guidassero e le stessero al fianco. Di questi, uno (san Francesco) fu pieno di ardore mistico come i Serafini, l'altro (san Domenico) fu talmente sapiente da risplendere della luce dei Cherubini. Tommaso parlerà solo di Francesco, poiché le loro opere ebbero un unico fine e quindi, lodando qualunque di essi, si lodano entrambi.
Tornando invece al presunto nome più antico del fiume Topino, Supunna, questo si incontra in un’iscrizione attualmente conservata nella sezione archeologica del Museo della città di Foligno, ovvero a Palazzo Trinci. E’ incisa su un cippo di calcare alto 49 cm, largo 34 cm e con uno spessore di 18 cm. Il testo è davvero brevissimo e diviso in due righe: “ Supunne sacr(um)”, cioè “ sacro a Supunna”, per questo si ipotizza che sia stato posto a segnalare un’area sacra dedicata appunto alla dea. Il cippo venne scoperto nel XV secolo , nella zona di Santa Maria in Campis, ed è attualmente datato III-II secolo a.C.
L’iscrizione è stata esaminata da molti studiosi, recentemente e in maniera molto approfondita da Maria Romana Picuti, la quale afferma che, il primo ad interessarsene, fu il folignate Fabio Pontano, vissuto tra Cinque e Seicento, che ne descrisse il rinvenimento: “Cavato di sotto terra in un campo vicino alla chiesa di S. Maria in Campis fuori di Foligno, la qual pietra è stata condotta dentro la città e vedesi al presente che serve per gradire della prima casa, che a sinistra si ritrova, uscendo dalla strada pubblica per voltare a i molini di sopra”.
Già nel XVIII secolo, però, il reperto non era più utilizzato come gradino ma, riconosciutone il valore, era custodito nel Palazzo Pubblico.
Un secolo dopo, il patriota ed archeologo perugino Ariodante Fabretti, stabilì il collegamento fra la divinità citata nel cippo, il cui nome si riferirebbe appunto a un ambito fluviale, e il fiume Topino, successivamente escluso da altri esperti, ma riproposto attualmente dal ricercatore dell’Università di Perugia Alberto Calderini.
Rimangono dunque ancora aperti molti interrogativi sull’identità di Supunna, che da altri studiosi è stata ipotizzata divinità addetta alla preparazione dei cibi sacrificali o divinità suprema, una sorta di Giunone,le incertezze sono anche alimentate dal fatto che, ad oggi, non c’è neanche sicurezza sulla lingua del testo, se sia il latino o l’umbro.